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על העיר

Ebr1835a

מפת האתרים היהודיים

Gli ebrei ebbero una certa importanza a Correggio, per l'apporto del loro denaro e per l'impulso che seppero imporre al commercio. La storia della loro permanenza nel territorio correggese ha inizio nel febbraio del 1459. In quell'epoca era invalso, come già accennato in precedenza, nell'uso delle Corti di chiamare gli Ebrei per appaltare loro il prestito ad interesse, ossia "l'usura", essendo questo vietato ai cristiani. Questi primi ebrei, con le loro famiglie, dovevano osservare le loro funzioni religiose secondo il rito italiano, dimostrando così chiaramente la loro origine italica. Verso la fine del XV secolo altri Ebrei, cacciati dalla Spagna, vennero a stabilirsi a Correggio, dove intrapresero qualche lavoro artigianale, quale ad esempio la tessitura delle sete e dei velluti, secondo l'arte imparata nei luoghi d'origine. La piccola colonia ebraica associò allora al rito religioso italico quello spagnolo sefardita; ebbe una o più Sinagoghe ed un cimitero posto oltre la rocca della città. Gli Ebrei, trattati con umanità dai Signori di Correggio, ben presto si affiatarono con la popolazione, benché ne rimanessero distinti per motivi religiosi. Essendo sorta la necessità dell'apertura di un banco di prestito anche nel borgo di Fabbrico, i Conti di Correggio, nel 1529 concessero tale banco a Diana di Deodato di Bivagni, sposa di Vitale Monselici. I discendenti dei Monselici ottennero poi il rinnovo della concessione, che di solito era decennale, sino alla caduta del Principato. A Correggio, nel 1594, teneva banco un tal Leone ebreo, che pare fosse un Finzi. Più tardi i Finzi di Correggio, cresciuto il loro numero, si divisero in varie casate. Verso l'anno 1630 tiene banco a Correggio Guglielmo Tesei, che ottenne anche la zecca della città nel 1627 a dimostrazione della notevole importanza economica degli Ebrei a quel tempo. La ventata antisemita promossa dalla duchessa Laura ebbe a Correggio risultati meno duri che altrove. Mentre infatti il ghetto di Modena fu istituito nel 1630 e quello di Reggio nel 1671, quello di Correggio lo fu solo un secolo dopo, nel 1781. Gli Ebrei correggesi poterono tuttavia godere di una certa libertà: solo le famiglie più povere furono infatti obbligate ad abitare nel ghetto di nuova formazione, situato nell'attuale via Casati. Le famiglie più ricche continuavano invece ad abitare fuori dal ghetto, nelle case di loro proprietà. Un documento del 1793 precisa che gli Ebrei correggesi erano 177 (88 maschi e 89 femmine) ed abitavano in 36 case di cui 30 appartenevano agli Ebrei stessi. 14 case erano poste nel quartiere Filatoio (il ghetto), 5 nel quartiere S. Quirino, 2 in Borgovecchio, 8 nel quartiere S. Domenico e 1 in Piazza Padella. Nel 1796 vennero tolti i cancelli del ghetto e di essi, per lungo tempo, non rimasero che i cardini a ricordo della cessata schiavitù che a Correggio fu in verità molto blanda. Durante il periodo napoleonico gli Ebrei entrarono a far parte del tessuto cittadino, si diedero alle professioni liberali, ai pubblici impieghi e al commercio; costruirono una ampia e bella Sinagoga (distrutta solo nell'anno 1955) e un nuovo cimitero e alcune famiglie raggiunsero una buona posizione economica. Alle tre famiglie più antiche, Sinigaglia, Finzi e Jesi, se ne aggiunsero altre: Sanguinetti, Massarani, Conigliani... Nel 1824 gli Ebrei correggesi erano 228, tutti abitanti in città; numero molto elevato in rapporto alla popolazione di Correggio che contava 2157 abitanti (Ebrei inclusi). A quel tempo gli Ebrei si dedicavano ancora al prestito di denaro, ma anche e soprattutto al commercio all'ingrosso e al minuto di granaglie, tessuti, filati, canapa, cuoio e ferramenta. Da allora in poi gli Ebrei correggesi andarono pian piano diminuendo di numero tanto che nel 1849 erano 152. Alcuni di essi parteciparono attivamente alle guerre d'indipendenza. Al tempo dell'unità d'Italia cominciò la loro emigrazione verso centri più importanti: Modena, Bologna, Milano e Genova. Nel 1921 il loro numero ridotto (meno di 30) provocò la soppressione ufficiale dell'autonomia amministrativa della loro comunità e la chiusura della Sinagoga. La persecuzione razziale del 1943-45 trovò a Correggio poche famiglie che tuttavia riuscirono a rifugiarsi in altre città o all'estero. Una sola donna, Lucia Finzi, non sfuggì all'arresto e purtroppo terminò la sua vita nella camera a gas di un campo di concentramento.

המקור

בית הכנסת[]

Gli Ebrei correggesi avevano anticamente una Sinagoga per le loro funzioni religiose di cui però non sappiamo niente di preciso. Si pensa che potesse sorgere nell'area del ghetto fra via Casati e via del Filatoio dove sorgeva la cosiddetta "Casa del Rabbino". Nel Settecento la piccola Sinagoga della comunità era situata in casa Massarani, in corso Mazzini verso porta Modena (l'attuale n° civico 48 confinante con la Banca). Nei primi anni dell'Ottocento la comunità ebraica di Correggio aveva raggiunto la sua massima espansione e sentì l'esigenza di costruire una nuova Sinagoga.La famiglia Sinigaglia (che abitava in corso Mazzini all'attuale n° civico 50, ora sede di una Banca) mise a disposizione una parte della propria abitazione per la costruzione della Sinagoga, mentre la Famiglia Massarani mise a disposizione alcuni locali confinanti per la costruzione dell'ingresso e di parte del matroneo.I dodici maggiorenti della comunità costituirono con atto notarile una società per il finanziamento dell'opera il cui progetto fu affidato all'architetto reggiano Marchelli. Il progetto dell'architetto Marchelli prevedeva la costruzione di una specie di altana nel palazzo Sinigaglia in cui inserire il locale riservato agli uomini. Questo locale era sostenuto da quattro colonne situate al primo piano. L'accesso alla sala, situato in casa Massarani, avveniva tramite quattro rampe di scale che poi proseguivano fino al terzo piano per accedere al matroneo. La sala a pianta quadrata presenta un Haron affiancato da due colonne e di fronte una Bimah semicircolare, balaustrata a colonnine secondo la tradizione dell'edificio sinagogale italiano moderno. Al terzo piano era previsto il matroneo. La sala riceveva luce da tre grandi finestroni nel lato sud aperti ad un'altezza di circa sette metri. Ai lati dell'Haron erano previste due logge riservate alla famiglia Sinigaglia che poteva così assistere ai riti sacri senza uscire dalla propria abitazione. Abbiamo già visto che nel corso del secolo la popolazione ebraica diminuì lentamente, ma inesorabilmente, tanto che nel 1921 la Sinagoga fu chiusa e l'edificio passò in mano a privati. Nel 1955 il palazzo fu interamente ristrutturato per la costruzione di una Banca e della Sinagoga si perse ogni traccia. Sfuggirono alla distruzione le porte dell'Haron (in legno dipinto di color verde scuro e intagliato con motivi in oro stile impero) che furono portate in Israele nel tempio Hapoel Hamizrachi a Gerusalemme.

IL NUOVO CIMITERO[]

Il vecchio cimitero ebreo risaliva al 1459, anno in cui Antonio signore di Correggio concesse a due fratelli ebrei la licenza per acquistare un appezzamento di terreno da adibire alla sepoltura. Alla fine del Settecento, con la riapertura del ghetto, si decise di spostare il cimitero fuori dalle mure per motivi igienico-sanitari (lo stesso provvedimento fu preso anche per il cimitero cristiano). Gli Ebrei correggesi si opposero a questo trasferimento e fu loro permesso di continuare ad usare il vecchio cimitero fino all'esaurimento dello spazio disponibile. Il nuovo cimitero fu costruito vicino alla chiesa della Madonna della Rosa. Attualmente è in stato di completo abbandono e si presenta cinto da un muro alto circa due metri. Nel lato sud il muro è interrotto da un piccolo edificio quadrato sormontato da un timpano che presenta un portone ad arco con battenti in legno. Restano leggibili solo alcune lapidi fra cui quelle di Settimo Sinigaglia (m.1866) e di Samuele Finzi (m. 1874) che presero parte alla spedizione dei Mille. L'ultima sepoltura risale al 1958.

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